Terza numerazione
Tutto comincia con una gran voglia di espansione, un desiderio d’abbuffata che cresce a dismisura nel giovane Bonaparte, l’impellente necessità di poter dire come Alessandro «sul mio regno il sole non tramonta mai». Forse non fu di Alessandro Magno la citazione bensì mia comunque a Sud dell’Europa si stendevano le vie del sole, del caffé, del cotone, e già si raccontava dei favolosi tesori che i Faraoni avevano accumulato nei loro sepolcreti a forma piramidale.
Così Napoleone sbarca in Egitto nel 1798, e pare possa gridare al vento la famosa frase «Legionari dall’alto di queste piramidi, trenta secoli di storia vi guardano». Vanità delle vanità, e tutto è vanità.
Parigi quella che comunque val bene una messa non resterà insensibile al richiamo.
La intriga tutta l’Africa del nord con i colori, i profumi, le luci ed i sapori di un mediterraneo sepolto ma per questo ancor più affascinante. Nasce una moda dell’Egitto che non si applicherà soltanto ai pacchetti di sigarette provenienti dall’impero ottomano destinata ad influenzare la cultura europea.
Napoleone Bonaparte non assiste al taglio che sancisce la nascita del canale di Suez avvenuta nel 1869. Però è inequivocabilmente responsabile dei tanti interessi del popolo francese sulla zona. Non si spiegano altrimenti i troppi bistrot dai nomi egiziani che nascono a Parigi ed a Marsiglia negli anni del primo ottocento e la contemporanea attribuzione di nominativi di città storiche egizie a caratteri da stampa perfettamente europei. Nè i ricordi della Legion sparsi per tutto il Magreb. Nè l’abuso di stupefacenti da parte dei poeti maledetti. Nè la frusta chincaglieria riversatasi per purificarsi nel floreale. Neppure l’amore per una certa totemica che aveva ammaliato Modì piuttosto che Picasso.
Questa Africa è stata gran maestra con il suo grembo di sabbia. E non solo ai francesi poiché di fatto in Egitto furono più attivi gli Inglesi. Ma questa è, a sua volta, un’altra storia. Comunque il primo studioso di geroglifici è nel 1819 il dottor Thomas Young. Ma il trascrittore della Stele di Rosetta 1822 è Monsieur Jean Francois Champoillon.