«Come fermare la desertificazione? Anzitutto rendendo coscienti del problema. Che non riguarda solo l’Africa, come i più sono portati a pensare, bensì l’intero pianeta. Perché il clima è cambiato, i ghiacci perenni vanno sciogliendosi, l’ozono non ci protegge dalle radiazioni e così via. Così via con le cause scatenanti e i protocolli di Kyoto e la dichiarazione di Vancouver sulla sopravvivenza nel XXI secolo. La desertificazione avanza tra l’indifferenza generale e l’incosciente distacco con il quale certi capi di stato osservano questa ed altre calamità.
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Desertificazione, progressiva scomparsa dei ghiacciai, modificazioni irreversibili della flora e della fauna. A ottant’anni è abbastanza istintivo reagire voltando le spalle a problemi che riguardano un futuro non remoto ma, sicuramente, più lontano della nostra dipartita. Giusta noncuranza materiale. Pare che i vecchi possano sopravvivere meglio quando avvolti nelle coperte di un sano egoismo. Ma la prevenzione si può applicare anche a noncuranze più di impegno? Ad esempio a quanto relativo all’inaridimento culturale? Per carità, argomento troppo dirompente, anzi rompente. Restiamo all’inaridimento sociale? Ma per favore. Accontentiamoci di un generico inaridimento spirituale? Che vuol dire tutto e niente. Ai miei coetanei, ai pochi ancora vivi e vivaci, vorrei lasciare come viatico alcuni feroci versi da «Lo splendido violino verde» di Angelo Maria Ripellino. Abbastanza significativi della desertificazione morale alla quale corriamo incontro da anni, oramai.»
Giancarlo Iliprandi, Disimpegno, Edizioni Corraini , 2006.