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Quando mi sono lasciato catturare da questa idea di Islanda. Credo fossimo sul finire degli anni ‘40. Qualche tempo fa. La descrizione arrivava da un amico giornalista ed era quantomeno intrigante. Un’isola del nord tanto estesa quanto disabitata. Senza per questo apparire inospitale, anzi. Abitanti cordiali nati ai margini di caldere bollenti. Soffioni incontrollati. Vulcani appena assopiti nel borbottio. Lande di cenere contrassegnate dalla mancanza di alberi. Infine ghiacciai. Ghiacciai levigati dal vento per essere da capo fratturati nel grido della terra, che non li regge più. Poi l’opera lirica vissuta come un mito. E questa Italia lontana dove fiorisce di tutto, non solo limoni.
[…]
Come non desiderare di tornare a rivedere questi cieli senza confini. Stesi sopra campi di cenere grigia. Lingue nere sul ghiaccio turchese. Dune gialle. Massi avvolti da tappeti instabili. Fumi lattiginosi e cascate mai sazie. Anche segni lasciati dall’uomo. Essenziali nel paesaggio essenziale.
Come non tornare cercando quanto aleggia ancora nei ricordi e quanto ancora ti aspetta. Sia preistoria, sia futuro neppure immaginabile. Sia questo presente fatto di oggi soltanto. Nel quale immergerti per riuscire a dimenticare.
Terra di vulcani
diario dall’Islanda
20 copie a stampa digitale, pagine 68 a colori,
formato 29,7×21, numerate e firmate.
Milano novembre 2012