Storie & Progetti
Bompiani
Quando Valentino pensava non si sentiva volare una mosca.
Soltanto i suoi passi, su e giù, nel corridoio.
Ritmati dalle scarpe, sicuramente fatte a mano, solide di aspetto e sostanza come appariva lui, del resto.
Un editore che incuteva soggezione a tutti escluso Munari che non conosceva soggezione.
Anzi discuteva ogni obiezione tra il divertito e l’infastidito.
Perché i contrasti finivano per rallentare il lavoro, mentre lui tendeva a risolvere tutto seguendo un ritmo interiore. Decisamente tarato su un metronomo più stimolante, messo in movimento durante gli anni futuristi. Chissà.
Avevamo un grande tavolo al quale lavoravamo – quasi sempre lui – mentre io stavo a guardare.
Le mani, le forbici, i ritagli colorati che gli restavano appesi alla giacca, le poche righe su fogli di carta destinati achissàquale proto. Poi esisteva un proto da qualche parte alla Bompiani? Dubito.
Tutto finiva davanti a Valentino, oppure sulla scrivania, quando era in viaggio verso inediti autori.
Non ricordo altri censori, neppure grandi elogi. Essere approvati significava aver centrato il problema.
Ed era quanto si aspettava da noi, qualcosa che riportasse l’odore dei paesaggi, il profumo dell’autore, ma neppure quello. Qualcosa che diventasse immagine non tanto del libro. Quanto della casa editrice o meglio dell’editore.
da Note, Hoepli Editore, Milano 2015